Τρίτη 24 Απριλίου 2012

"Agusa" in Italiano


il sentiero verso il confine della notte

OSSERVANDO il tempo e lo spazio delle cose, arrivi lì dove tutto comincia ad essere più distinguibile. Arrivi al confine della notte, rappresentando le azioni della tragedia-commedia umana, in una maniera incisiva e critica, indefinitamente percettibile, creando una realtà parallela insieme a quella che esiste, e spesso, quest’altra, la realtà a lato, rivela con più chiarezza i limiti nelle sottili pieghe sentimentali e mentali del potenziale dell’uomo. Il “ponte” che tende a unire questi universi paralleli nella visione fotografica di Ippocrate Tavlarios è il sentiero-agusa.
Nel presente libro le rappresentazioni fotografiche sono “movimenti solidi” che insinuano archetipi in un clima apocrifo. Viaggiando tra Kalymnos-Andalusia-L’Avana e passando per decine di altri luoghi del mondo, ritorna a Kalymnos-punto di partenza, “terra natia”, cercando il “Santuario”, mostrando trasformazioni di persone comuni e allo stesso tempo isolate, piene di paradossi, insospettabili, ma così familiari.
Una musica sotterranea attraversa tutta l’ampiezza di agusa” e le ri/rap-presentazioni figurative agiscono come un libretto tacito che percorre tutte le situazioni umane spirituali ed esistenziali. Una musica che inizia con un adagio e che, poco a poco, va evolvendosi attraverso un’intensa agonia in un’estasi divina, fino a che non arriva – alla fine – il crescendo, l’unione che porterà alla purificazione.
L’opera di Ippocrate Tavlarios è soffusa di una particolare serenità poetica, di una calma che si rivela sempre più intensamente – diventando più visibile allo spettatore, per il frag/dol-ore che si scatena attorno. L’animo latente in molte rappresentazioni fotografiche è una specie di bestia “oscura” – uno sfrontato erotismo mitico insito in tutto il libro, che appare tanto dai sorrisi enigmatici delle ragazze a Barcellona, quanto dal “Pazzo per Cristo” tolstoiano a Iaşi col suo sguardo profondo – quasi terrorizzante – che sembra stia invocando un santuario vuoto.
Il mondo fotografico di Tavlarios è un mondo di “iniziazione” e di invocazione, prima che un’iconostasi di concentrazione spirituale, che una volta è lo sguardo seduttore di una santa “contemporanea” a Rodas, un’altra volta un sacerdote – a Ioànnina – alla luce di una candela che vibra nell’oscurità, o una ragazza che sta leggendo distesa sul letto a Saragozza. Lo spettatore è libero di entrare in un gioco di associazioni di idee – è invitato a partecipare a questa “cerimonia”, a condizione che veda realmente, che riesca egli stesso a immaginare, spingendo le associazioni verso il limite ultimo, quello che invita ad abbandonarsi al caso. Ciò che inizia in un’intuitiva innocenza, termina/finisce dentro l’innocenza, essendo passato prima per un vortice declive, per un impulso di libagione, di isolamento, e infine di dominio, sul corpo stesso del destino. Una fotografia, un corpo, funge da punto di un altro corpo. Il corpo intero funge da punto per la totalità – per la rivelazione dell’anima e dello spirito nella sua dimensione reale. Quella della sua condizione perennemente tormentata.
Nel presente libro, l’artista comunica l’aspetto dell’emozione come se fosse stata, pazientemente, arrestata, mentre il suo timbro e il suo battito palpitano, si muovono senza sosta, si trasformano perpetuamente – liberando in qualsiasi modo le forze emotive attraverso i pori della carta fotografica, ripete, continuamente, questa immobilità e mobilità dell’uomo drammatico – tanto in modo realistico quanto simbolico, con l’intenzione di arrivare allo sconosciuto, all’aldilà.
Agusa, attraverso la “impressione” realistica dell’artista, ci presente quest’uomo drammatico, critico, o l’uomo in crisi. E attraverso questo, attraverso le vite personali/intime di queste persone comuni, il fotografo riesce a rappresentare con successo l’uscita dell’uomo al mondo. Riesce, infine, a soddisfare una delle più importanti condizioni dell’arte: che il personale si converta in universale. E lo fa in maniera splendida.
Giorgos Alisanoglou
Salonicco, 2012


Ippocrate Tavlarios è nato nel 1982 a Salonicco. Laureatosi in Matematica all’Università Aristotele di Salonicco, si è poi immatricolato nella Facoltà di Teologia. Sin dai primi anni scolastici si dedica alla fotografia, con un particolare interesse per la fotografia analogica in bianco e nero. Il “sentiero” è il compimento dei desideri di un cronico vagare interiore e fisico.


traduzione: Natalia Stellino

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